Università di Padova e Modena
TUMORI: ITALIANI SCOPRONO GENE ANTI-METASTASI
Modena, 3 apr.
- Si chiama 'p63' il gene capace di funzionare da 'baluardo' contro la diffusione metastatica delle cellule tumorali. E' il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista 'Cell' e condotto dai gruppi di ricerca guidati da Stefano Piccolo, docente del Dipartimento di Biotecnologie mediche dell'Universita' di Padova, e da Silvio Bicciato, ricercatore dell'ateneo patavino ora trasferitosi al Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Universita' degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il processo metastatico, attraverso il quale una cellula lascia il tumore primario, entra nel sistema circolatorio per disseminarsi in altri organi e' la principale causa di morte associata alla patologia neoplastica. Come ogni processo biologico, anche la metastasi dipende dalla coordinata accensione e spegnimento di decine, forse centinaia, di geni. Questo programma non viene inventato 'de novo' dalle cellule tumorali, ma fa parte del normale repertorio di cellule embrionali che, normalmente durante la costruzione degli organi sono stimolate a migrare da speciali segnali ormonali, quali i 'TGF-beta'. Le cellule tumorali metastatiche hanno semplicemente risvegliato questo 'programma'. Fino ad ora si pensava che tale 'recupero' di capacita' embrionali fosse un 'superpotere' ad appannaggio di pochissime cellule nel tumore primario. Lo studio segna ora una decisa svolta: i ricercatori hanno scoperto che lesioni genetiche comuni a molti tumori umani, quali quelle di 'p53' e di 'RAS', se combinate, definiscono una propensione a un comportamento metastatico gia' in stadi precoci della malattia. Questo significa individuare fin da subito un tipo di tumore da trattare in modo piu' aggressivo attraverso chirurgia o altre terapie. I ricercatori hanno compreso come gli stimoli oncogenici erodono e progressivamente indeboliscono le proprieta' antimetastasi di 'p63'. "Questa e' una proteina nota per svolgere un ruolo importante nelle cellule staminali di molti organi", ha spiegato Piccolo. "Se 'p63' - ha aggiunto - e' persa da una cellula normale, cio' non causa alcun danno, perche' senza 'p63' quella cellula, semplicemente, muore. Ma se 'p63' e' persa da una cellula staminale tumorale, ovvero da una cellula potenzialmente immortale, allora si apre la porta a un suo comportamento 'asociale', alla possibilita' cioe' di un suo spostamento e alla conseguente metastasi". Secondo questa visione la metastasi sarebbe quindi un 'sottoprodotto' delle forze operanti per favorire la crescita del tumore primario. Una combinazione di geni mutanti, ma non altre, quasi incidentalmente definirebbe un tipo tumorale pronto per la metastasi, quasi, metaforicamente, sulla linea di partenza, in attesa del segnale di via fornito dal microambiente tumorale, spesso rappresentato dal fattore di crescita 'TGF-beta'.
Modena, 3 apr.
- Si chiama 'p63' il gene capace di funzionare da 'baluardo' contro la diffusione metastatica delle cellule tumorali. E' il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista 'Cell' e condotto dai gruppi di ricerca guidati da Stefano Piccolo, docente del Dipartimento di Biotecnologie mediche dell'Universita' di Padova, e da Silvio Bicciato, ricercatore dell'ateneo patavino ora trasferitosi al Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Universita' degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il processo metastatico, attraverso il quale una cellula lascia il tumore primario, entra nel sistema circolatorio per disseminarsi in altri organi e' la principale causa di morte associata alla patologia neoplastica. Come ogni processo biologico, anche la metastasi dipende dalla coordinata accensione e spegnimento di decine, forse centinaia, di geni. Questo programma non viene inventato 'de novo' dalle cellule tumorali, ma fa parte del normale repertorio di cellule embrionali che, normalmente durante la costruzione degli organi sono stimolate a migrare da speciali segnali ormonali, quali i 'TGF-beta'. Le cellule tumorali metastatiche hanno semplicemente risvegliato questo 'programma'. Fino ad ora si pensava che tale 'recupero' di capacita' embrionali fosse un 'superpotere' ad appannaggio di pochissime cellule nel tumore primario. Lo studio segna ora una decisa svolta: i ricercatori hanno scoperto che lesioni genetiche comuni a molti tumori umani, quali quelle di 'p53' e di 'RAS', se combinate, definiscono una propensione a un comportamento metastatico gia' in stadi precoci della malattia. Questo significa individuare fin da subito un tipo di tumore da trattare in modo piu' aggressivo attraverso chirurgia o altre terapie. I ricercatori hanno compreso come gli stimoli oncogenici erodono e progressivamente indeboliscono le proprieta' antimetastasi di 'p63'. "Questa e' una proteina nota per svolgere un ruolo importante nelle cellule staminali di molti organi", ha spiegato Piccolo. "Se 'p63' - ha aggiunto - e' persa da una cellula normale, cio' non causa alcun danno, perche' senza 'p63' quella cellula, semplicemente, muore. Ma se 'p63' e' persa da una cellula staminale tumorale, ovvero da una cellula potenzialmente immortale, allora si apre la porta a un suo comportamento 'asociale', alla possibilita' cioe' di un suo spostamento e alla conseguente metastasi". Secondo questa visione la metastasi sarebbe quindi un 'sottoprodotto' delle forze operanti per favorire la crescita del tumore primario. Una combinazione di geni mutanti, ma non altre, quasi incidentalmente definirebbe un tipo tumorale pronto per la metastasi, quasi, metaforicamente, sulla linea di partenza, in attesa del segnale di via fornito dal microambiente tumorale, spesso rappresentato dal fattore di crescita 'TGF-beta'.
Commenti
Mattone dopo mattone forse un giorno si arriverà a sconfiggere del tutto questa "malattia"; purtroppo 12 anni fa ho perso mio padre per un tumore ed è una terrificante lezione di vita che lascia il segno.
Che sia di buon auspicio.
Ciao
Spero che si faccia qualcosa di concreto al + presto....