l'avevo pensato e lo avevo pure detto
che questi maghi della Fiat non so con quali soldi andavano a comperare aziende fallite in giro per il mondo scartate da altri per poi chiudere quello che in Italia hanno.
Tanto paga il governo, o mettiamo in cassa integrazione tanto...................pagano sempre i soliti.
Cioè noi.
Ed il governo che fa????
sta zitto ed acconsente..............
Non contenti chiedono incentivi e rottamazione per vendere vetture che fabbricano in Polonia mentre da noi lasciano a casa o chiudono.............
mah
questo è il link tanto per cominciare:
[url=]http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Fiat-Marchionne-Termini-Imerese-non-ragione-esistere/26-06-2009/1-A_000030318.shtml[/url]
Tanto paga il governo, o mettiamo in cassa integrazione tanto...................pagano sempre i soliti.
Cioè noi.
Ed il governo che fa????
sta zitto ed acconsente..............
Non contenti chiedono incentivi e rottamazione per vendere vetture che fabbricano in Polonia mentre da noi lasciano a casa o chiudono.............
mah
questo è il link tanto per cominciare:
[url=]http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Fiat-Marchionne-Termini-Imerese-non-ragione-esistere/26-06-2009/1-A_000030318.shtml[/url]
Commenti
Il link non è più valido
[/quote]
potenza della stampa e della libertà di pensiero e parola
:nc::nc::nc::nc::nc:
[quote]marzia055:
Il link non è più valido
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potenza della stampa e della libertà di pensiero e parola
:nc::nc::nc::nc::nc:[/quote]
SI caro Zetros come diceva il buon Principe De Curtis In arte TOTO
GIRA,GIRA,GIRA, IL CETRIOLO CADE SEMPRE NEL C....O ALl' ORTOLANO
Questa è la potenza di FIAT VOLUNTAS..........
E NOI PAGHIAMO
[u]Come tenere insieme Detroit e Mezzogiorno [/u]
Sergio Marchionne è diventato un personaggio di culto. Marco Gregoretti firma un instant book ai limiti dell’ossimoro ( L’Uomo dal maglione nero , biografia non autorizzata del più coraggioso manager del mondo , Class Editori, giugno 2009) e il vicedirettore del Riformista , Marco Ferrante, una biografia piena di ammirazione ( Marchionne. L’uomo che comprò la Chrysler , Mondadori, 2009). Pochi giorni dopo, il quotidiano Finanza e Mercati dà notizia che la Fiat si prepara a emettere un miliardo di obbligazioni a 3 anni al 10%. L'Eni ne ha appena chiuso un’emissione al 4% per una durata doppia.
I credit default swaps Fiat, ovvero le assicurazioni sul debito del gruppo di Torino, viaggiano su livelli doppi e tripli rispetto a quelli delle altre case automobilistiche europee. Le obbligazioni Fiat restano junk bonds . Il culto che circonda la sua personalità non è dovuto all'iniziativa del venerato. Il top manager della Fiat non commenta la politica. Non racconta chi sia il suo barbiere, quale orologio porti o dove compri le scarpe. Non appare su barche lussuose al fianco di belle signore. Di Marchionne si dice solo che lavora sodo. La sua immagine è il contrario di quella regale di Giovanni Agnelli e dei suoi imitatori. E tuttavia il suo maglione è diventato un mito pop delle cronache finanziarie perché, invece di fallire, la Fiat è arrivata a valere in Borsa più della General Motors e della Ford messe assieme. Di più, Marchionne è riuscito nell'impresa senza particolari aiuti pubblici. Un successo che gli ha guadagnato una reputazione tale da invogliare gli hedge funds a scommettere sulla Fiat e da convincere, poi, il presidente Obama ad affidargli il salvataggio della Chrysler. Ma la stessa reputazione sembra al momento non bastare al governo tedesco e, questa volta, allo stesso governo americano per consegnare alla Fiat anche l’Opel e le altre attività europee e sudamericane di General Motors. Marchionne è stato bravissimo a concentrare l'attenzione del mercato con storie viva via diverse.
Prima storia, la provvista finanziaria per mettere in sicurezza i conti, attraverso il divorzio con Gm e la conversione in azioni dei crediti bancari. Finale felice. Poi, la rifocalizzazione industriale su auto e non auto (camion, trattori, componenti). In questo secondo settore i risultati sono stati forti non solo nei bilanci ma ancor più nel posizionamento in mercati già ripuliti da eccessi concorrenziali. Seconda storia a lieto fine, boom del titolo. Ma poi la recessione ha fatto riemergere la debolezza di Fiat Auto. Ancora il 25 gennaio 2008, conversando con un economista di Ca' Foscari, Marchionne confidava: «Nel nostro accordo con la General Motors c'erano cose che funzionavano. Ma ad esempio c'era anche il fatto che molti manager americani consideravano i nostri manager più brillanti come mezze cartucce … L'arroganza, che anche la Fiat aveva in passato, appartiene a tutte le case automobilistiche. Per far progredire le intese finanziarie fra pari occorrerebbero doti di management a tutti i livelli, dagli executive agli operativi, che io non ho mai avuto occasione di trovare. Molto meglio allora puntare su accordi industriali specifici» (Giuseppe Volpato, Fiat Group Automobiles. Un' Araba fenice nell'industria automobilistica internazionale , il Mulino, 2008). Ma la crisi generale ha aumentato l'eccesso di capacità produttiva nell'industria dell'auto europea, azzerandone i già modesti margini.
Secondo BernsteinResearch, nel 1990 il margine medio continentale era al 5,5% del fatturato e il tasso di utilizzazione degli impianti poco sopra l'80%. Nel disastroso 1993, gli impianti giravano al 65% e il margine diventò negativo. Poi la risalita di entrambi gli indici un po' sotto i livelli del 1990 e adesso la nuova, clamorosa caduta. Bisognerebbe tagliare fabbriche per 2,5 milioni di pezzi: due volte l’Opel. E così Marchionne racconta la sua nuova, brillante storia: gli accordi industriali specifici - la piattaforma comune per Fiat Panda, 500 e Ford Ka, i motori per Grande Punto e Opel Corsa - non bastano più, bisogna fare acquisizioni e fusioni per costruire un nuovo supergruppo da 6 milioni di auto e ripulire il mercato. In realtà, il mercato si ripulirebbe meglio e più rapidamente attraverso il fallimento dei peggiori. Lo pensano Toyota, Honda, Volkswagen, Bmw, Mercedes. Ma per tante ragioni i governi non credono al darwinismo applicato all'auto. E così aprono lo spazio per la Fiat Auto, forte nel management ma senza soldi, di proporsi come salvatrice delle patrie automobilistiche. Secondo un economista triestino che ha studiato i rapporti della Fiat con lo Stato, il gruppo di Torino da campione nazionale protetto è diventato un global player (Luca Germano, Governo e grandi imprese , il Mulino, 2009). L’ultima svolta di Marchionne consiste nel far diventare la Fiat Auto un campione plurinazionale con capitali forniti dagli Stati che verranno rimborsati se tutto va bene o saranno convertiti in azioni (è già capitato con le banche) se servirà.
Il manager più distante dalla politica sta tentando l'operazione più politica di tutte. Ma chi paga, ovvero i governi, serve interessi che non sono quelli della Fiat e dell'Italia. E se per Opel preferisce Magna diventa difficile contestarlo come politicante quando Chrysler arriva perché la Casa Bianca colpisce i creditori per salvare i posti di lavoro. Ma se non viene ripescata in extremis l’Opel, l'ultima storia di Marchionne resterà un'incompiuta transatlantica con pochissime sinergie. [u]Forse, come lui stesso confida, la Fiat costruirà e venderà pure un milione di Alfa negli Usa. Ma che cosa resterà in Italia se già ora la produzione va a pieno regime in Polonia e a scartamento ridotto da noi? I 300 milioni del governo per Termini e Pomigliano non fanno ben sperare sulla tenuta autonoma della base produttiva Fiat in Italia.[/u]
Massimo Mucchetti
29 giugno 2009