visto che ci siamo...........
siorre e siorri va ora in onda il telefilm...........
STORIA DI UN FALLIMENTO ANNUNCIATO, ossia l'Alfa Sud e la sua chicca da nessuno dimenticata:
L'Arna, che solo un oco (marito dell'oca) poteva comperare.
Molti attribuiscono all'acquisizione da parte della Fiat il fallimento dell'Alfa, ma in realtà questo è stato solo il colpo di grazia e la fine di un'era
i motivi veri risalgono a più di un decennio prima, anche se dall'esterno non ci se ne rendeva conto, sono state messe le basi che l'hanno portata allo sfacelo.
Vedo di fare una lista che poi approfondisco, se non ti va di leggerti tutto ti basta sapere questi punti:
-Crisi energetica
-Politica che riesce ad insinuarsi a livello decisionale nell'azienda
-un paio di modelli fallimentari che portano perdite ingenti di soldi (dovute ai due punti di cui sopra)
-La dipartita o la morte di alcuni personaggi chiave come progettisti e amministratori.
tutto questo è avvenuto nell'arco di 5/6 anni.. capisci da solo che un'azienda anche forte com'era quella dell'Alfa non poteva sopportare un colpo così..
in più c'è da considerare la concorrenza che iniziava a colmare il divario tecnologico (motori plurivalvole, in alluminio ecc che erano appannaggio dell'Alfa)
Con la crisi energetica vengono colpiti soprattutto i costruttori di auto potenti e che consumano molto.
L'Alfa in quel periodo (1968) stava progettando la 6, che doveva partire da 2.500cc ed uscire nel '73, ma la crisi bloccò il progetto e rimase invariato per poi uscire nel 1979, tra l'altro con una brutta estetica e nascendo già vecchia.
sempre nel '68 si decide di aprire una fabbrica al sud in un programma di industrializzazione del Mezzogiorno, anche a causa del fatto che ogni nuovo modello prodotto a Milano prevedeva aumento di maestranze e quindi di immigrazione dal Sud, cosa che la città non poteva più sostenere.
inizia quindi la produzione dell'Alfasud e nonostante l'auto sia buona viene travagliata dai classici pasticci all'italiana (i sindacati impongono che a lavorare nella fabbrica siano gli stessi manovali che l'avevano costruita, mentre l'Alfa ne stava già formando altri, che rimarranno a casa)
per l'Alfasud c'è anche da dire che non si condivideva nessuna componente con altri modelli ma era tutta nuova dal motore alla fabbrica (sinergia = costi minori).
Mentre prima tutti i modelli avevano come base la Giulia adesso ci troviamo tre famiglie distinte da gestire:
Famiglia Giulia
Famiglia Alfetta
Famiglia Alfasud
ovvero un sacco di soldi.
Qui entra in gioco la politica (essendo l'Alfa dell'IRI, quindi del governo e quindi Pubblica) a parte una serie di personaggi che vengono messi in posizioni di responsabilità grazie a conoscenze, entra in scena il simpatico de mita (minuscolo) che cerca di emulare il progetto Alfasud costringendo l'azienda a creare un'altra fabbrica per la costruzione di un nuovo modello, sempre in Campania ma questa volta ad Avellino.
Il tutto ovviamente per raccogliere voti che lo porteranno nell'88 a diventare addirittura.. presidente del consiglio, per un anno..
Da qui nasce la famigerata Arna in collaborazione con la Nissan, che forniva la carrozzeria (orrenda) di un loro modello già in vendita, la Cherry (o Pulsar, a seconda dei Paesi)
L'Arna si rivela un progetto fallimentare sotto ogni punto di vista e una perdita incredibile di soldi, nonché un grosso danno all'immagine della casa anche per via della pubblicità (ti consiglio di cercarla su Youtube se vuoi ridere).
A tutto questo scempio cerca di opporsi la dirigenza con in testa il Presidente Luraghi, che per questo ci rimetterà il posto a causa di una manovra politica studiata ad hoc per buttarlo fuori.
Da considerare che Luraghi era una persona importantissima per l'Alfa, che era stata portata dalla produzione artigianale pre-guerra a quella in grande serie proprio da lui.
Nel '74 muore Orazio Satta, altro grande progettista al quale si devono la Giulia, l'Alfetta..
Dopo poco rassegna le dimissioni Giuseppe Busso, altro progettista al quale si devono il V6, il ponte de dion e altre soluzioni tecniche d'avanguardia
Intanto continua a imperare la politica e la malagestione all'interno, si può dire che non c'è un rinnovamento deciso dei modelli, in quanto le 33 sono delle Alfasud in tutto e per tutto, le varie 90, 75, Giulietta ecc pur essendo gran macchine sono rivisitazioni del progetto Alfetta del '72, mentre il duetto è sempre quello del '66 che tira avanti con carrozzerie nuove e qualche piccolo aggiornamento.
Insomma non ci sono soldi e non c'è ricambio, i modelli anche se riscuotono successo sono già vecchi, la concorrenza è agguerrita, nell'86 viene regalata da Prodi (spettacolare sto uomo) alla FIAT e questo segna la fine di un'era, soprattutto con l'uscita della 155 si perde anche la trazione posteriore e anche la clientela più affezionata.
STORIA DI UN FALLIMENTO ANNUNCIATO, ossia l'Alfa Sud e la sua chicca da nessuno dimenticata:
L'Arna, che solo un oco (marito dell'oca) poteva comperare.
Molti attribuiscono all'acquisizione da parte della Fiat il fallimento dell'Alfa, ma in realtà questo è stato solo il colpo di grazia e la fine di un'era
i motivi veri risalgono a più di un decennio prima, anche se dall'esterno non ci se ne rendeva conto, sono state messe le basi che l'hanno portata allo sfacelo.
Vedo di fare una lista che poi approfondisco, se non ti va di leggerti tutto ti basta sapere questi punti:
-Crisi energetica
-Politica che riesce ad insinuarsi a livello decisionale nell'azienda
-un paio di modelli fallimentari che portano perdite ingenti di soldi (dovute ai due punti di cui sopra)
-La dipartita o la morte di alcuni personaggi chiave come progettisti e amministratori.
tutto questo è avvenuto nell'arco di 5/6 anni.. capisci da solo che un'azienda anche forte com'era quella dell'Alfa non poteva sopportare un colpo così..
in più c'è da considerare la concorrenza che iniziava a colmare il divario tecnologico (motori plurivalvole, in alluminio ecc che erano appannaggio dell'Alfa)
Con la crisi energetica vengono colpiti soprattutto i costruttori di auto potenti e che consumano molto.
L'Alfa in quel periodo (1968) stava progettando la 6, che doveva partire da 2.500cc ed uscire nel '73, ma la crisi bloccò il progetto e rimase invariato per poi uscire nel 1979, tra l'altro con una brutta estetica e nascendo già vecchia.
sempre nel '68 si decide di aprire una fabbrica al sud in un programma di industrializzazione del Mezzogiorno, anche a causa del fatto che ogni nuovo modello prodotto a Milano prevedeva aumento di maestranze e quindi di immigrazione dal Sud, cosa che la città non poteva più sostenere.
inizia quindi la produzione dell'Alfasud e nonostante l'auto sia buona viene travagliata dai classici pasticci all'italiana (i sindacati impongono che a lavorare nella fabbrica siano gli stessi manovali che l'avevano costruita, mentre l'Alfa ne stava già formando altri, che rimarranno a casa)
per l'Alfasud c'è anche da dire che non si condivideva nessuna componente con altri modelli ma era tutta nuova dal motore alla fabbrica (sinergia = costi minori).
Mentre prima tutti i modelli avevano come base la Giulia adesso ci troviamo tre famiglie distinte da gestire:
Famiglia Giulia
Famiglia Alfetta
Famiglia Alfasud
ovvero un sacco di soldi.
Qui entra in gioco la politica (essendo l'Alfa dell'IRI, quindi del governo e quindi Pubblica) a parte una serie di personaggi che vengono messi in posizioni di responsabilità grazie a conoscenze, entra in scena il simpatico de mita (minuscolo) che cerca di emulare il progetto Alfasud costringendo l'azienda a creare un'altra fabbrica per la costruzione di un nuovo modello, sempre in Campania ma questa volta ad Avellino.
Il tutto ovviamente per raccogliere voti che lo porteranno nell'88 a diventare addirittura.. presidente del consiglio, per un anno..
Da qui nasce la famigerata Arna in collaborazione con la Nissan, che forniva la carrozzeria (orrenda) di un loro modello già in vendita, la Cherry (o Pulsar, a seconda dei Paesi)
L'Arna si rivela un progetto fallimentare sotto ogni punto di vista e una perdita incredibile di soldi, nonché un grosso danno all'immagine della casa anche per via della pubblicità (ti consiglio di cercarla su Youtube se vuoi ridere).
A tutto questo scempio cerca di opporsi la dirigenza con in testa il Presidente Luraghi, che per questo ci rimetterà il posto a causa di una manovra politica studiata ad hoc per buttarlo fuori.
Da considerare che Luraghi era una persona importantissima per l'Alfa, che era stata portata dalla produzione artigianale pre-guerra a quella in grande serie proprio da lui.
Nel '74 muore Orazio Satta, altro grande progettista al quale si devono la Giulia, l'Alfetta..
Dopo poco rassegna le dimissioni Giuseppe Busso, altro progettista al quale si devono il V6, il ponte de dion e altre soluzioni tecniche d'avanguardia
Intanto continua a imperare la politica e la malagestione all'interno, si può dire che non c'è un rinnovamento deciso dei modelli, in quanto le 33 sono delle Alfasud in tutto e per tutto, le varie 90, 75, Giulietta ecc pur essendo gran macchine sono rivisitazioni del progetto Alfetta del '72, mentre il duetto è sempre quello del '66 che tira avanti con carrozzerie nuove e qualche piccolo aggiornamento.
Insomma non ci sono soldi e non c'è ricambio, i modelli anche se riscuotono successo sono già vecchi, la concorrenza è agguerrita, nell'86 viene regalata da Prodi (spettacolare sto uomo) alla FIAT e questo segna la fine di un'era, soprattutto con l'uscita della 155 si perde anche la trazione posteriore e anche la clientela più affezionata.
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'QUELLA FABBRICA SENZA SPERANZA IMPOSTA DA UN GRUPPO DI POLITICI'
Repubblica — 24 maggio 1986 pagina 45 sezione: ECONOMIA
ABANO - "Il vecchio Henry Ford diceva: quando passa un' Alfa io mi tolgo il cappello. Adesso è l' Alfa che si toglie il cappello di fronte alla Ford. E' una grande vergogna. Io mi sento amareggiato, umiliato. C' è una cultura operaia, una cultura tecnica e manageriale che ha dato tutto all' Alfa Romeo. E ora la vendono al migliore offerente. Se siamo al meretricio, Ford è un buon cliente". Giuseppe Luraghi è ad Abano per i fanghi: un po' di reumatismi, ma è il Luraghi di sempre, concreto, razionale, chiaro, lo stesso che fece la fortuna dell' Alfa Romeo fino al 1973, quando, per giusto compenso partitocratico, fu messo alla porta dai politici che non avevano bisogno di imprenditori, ma di servitori. "Leggo ogni tanto che il tale è stato mandato in prigione per un furto di qualche milione. E allora con questi che si dovrebbe fare? Fucilarli?". Questi chi, ingegnere? "Questi politici che hanno fatto perdere all' Alfa migliaia di miliardi". Ma chi di preciso? "Vuole qualche nome? Carlo Donat Cattin, nel 1973 ministro del Lavoro, l' altro ministro alle Partecipazioni statali Gullotti, l' onorevole De Mita che voleva ad ogni costo una fabbrica Alfa ad Avellino, i dirigenti dell' Iri di allora Petrilli e Medugno. Son tutti nomi che ho fatto, cose che ho scritto senza che succedesse alcuno scandalo. Del resto non sono tutti impuniti i responsabili dello sperpero di Gioia Tauro?". Chi sa ingegnere, repetita juvant, dicono. "Si era nel 1973, la vendita delle Alfa andava in crescendo, lo stabilimento di Arese cominciava a starci stretto. Ampliarlo? No, i danni della immigrazione erano già troppo forti. Conveniva fare uno stabilimento al Sud. C' era l' area di Pomigliano già fornita di servizi e infrastrutture. Lavorammo come pazzi, in tre anni furono pronti gli stabilimenti e quel gioiello d' auto che era l' Alfasud. Eravamo riusciti perfino a preparare il personale usando tutti i centri di addestramento e riqualificazione tra Napoli e Caserta. Insomma avevamo pronti i tubisti, i meccanici, gli elettricisti, eccetera. Stiamo per assumerli quando Donat Cattin blocca tutto. Le assunzioni, dice, le fanno gli uffici di collocamento. Roba da pazzi! Ci mandano pregiudicati, ammalati, gente che abita a cento chilometri da Pomigliano. Non importa, vogliamo partire egualmente, rifaremo la preparazione del personale, ma ecco arrivare il nuovo altolà di Gullotti: "Se non si fa anche uno stabilimento ad Avellino l' operazione è sospesa". Scusi ingegnere, negli anni passati ne abbiamo viste di cotte e di crude, ma il 1973 non era l' anno della crisi petrolifera? e questi politici pretendevano una nuova fabbrica d' automobile come si trattasse di un' edicola per giornali o di una licenza per ortolano?. "Nell' Italia politica di allora - quella di oggi per fortuna non la frequento - c' era un' aria da Basso Impero. Corro a Roma all' Iri da Petrilli e Medugno. Sono perfettamente d' accordo con me, Avellino è una follia. "Allora direte di no?", chiedo. Mi rispondono: "Vedi Luraghi, tu sei un gran bravo tecnico, ma non sai come muoverti nel mondo politico. Dì di sì, dì che farai lo stabilimento ad Avellino. Intanto rimandi tutte le operazioni all' infinito". Me ne tornai a Milano, offeso più che addolorato. Io credevo nella industrializzazione del Sud e loro mi proponevano un imbroglio. Pensi che essendo entrate in produzione ad Arese le Alfetta, Petrilli mi fece questa proposta: "Perchè il montaggio dell' Alfetta non lo fai ad Avellino?". Gli risposi: perchè dovrei licenziare cinquemila operai qui ad Arese e triplicare i costi. Perchè mi chiedi di affossare l' Alfa". Che è successo allora ingegnere? "Mi cacciarono. Gettarono nel cestino la proposta che gli avevo fatto in extremis di sospendere le decisioni, in attesa che fossero più chiari gli effetti della crisi petrolifera. Non vollero saperne, i politici volevano l' Alfa ad Avellino e l' Alfa ci è andata ad Avellino, a fabbricare quell' obbrobrio che è l' Arna". Ricapitoliamo ingegnere: esce dalla scena Giuseppe Luraghi l' imprenditore che ha dato all' Italia qualcosa di simile alla Mercedes, una azienda che fabbrica e vende con profitto auto di prestigio. E i suoi successori che cosa hanno fatto? "Io dico che qualcuno dovrebbe pur rispondere di questa colossale dilapidazione. In quindici anni non hanno tirato fuori un solo tipo nuovo d' automobile. Non uno. La "33" è una copia dell' Alfasud, la serie della "75" copia dell' Alfetta. Come a dire che il programma Alfa è stato questo: declino fino a completa consumazione. Come fa una azienda che vive su progetti avanzati, sulle ricerche avanzate, a stare quindici anni senza produrre niente di nuovo?". Eppure ingegnere i suoi successori dicevano che i conti tornavano al pareggio. "Gli ignobili trucchi di bilancio fatti in questi quindici anni non si contano. Hanno liquidato tutta la rete di distribuzione e di assistenza, una rete stupenda che copriva Stati Uniti, Francia, Germania, Inghilterra e Italia. Sa perchè? Per vendere a mille ciò che nel bilancio era segnato cento. Per aggiustare i conti anche a costo di affossare l' azienda". I suoi successori si sono difesi dicendo che la potenzialità dell' Alfa era esagerata, che mancava un mercato per le 400 mila auto prodotte ad Arese e a Pomigliano. "Ma non dicano idiozie: l' Audi vende 350 mila vetture, la Mercedes 500 mila, la Bmw 420 mila, la Volvo 380 mila. Il mercato c' è, solo che bisogna saper produrre e vendere". Luraghi, cosa ne pensa della proposta Ford? "La Ford è potente, ricca, ben radicata in Inghilterra e Germania. Quasi certamente saturerà le produzioni di Arese e di Pomigliano, ma addio Alfa Romeo. La Ford farà delle Ford, anche se userà il nome Alfa". Ma c' è altra scelta? E poi questa cessione rientra nella nuova filosofia dell' Iri, che punta sulle produzioni strategiche e lascia ad altri alimentari ed automobili. "Prodi sarà un onest' uomo e un bravo professore, ma questa cessione è una vergognosa dichiarazione di incapacità. Ma come? In Italia abbiamo i migliori carrozzieri del mondo, dei motoristi stupendi, degli operai specializzati formidabili e l' Iri non riesce a risanare l' Alfa". Ingegnere, che farà la Fiat? Lei pensa che la Fiat lascerà fare? "Sa che l' Alfa e la Fiat dovevano sposarsi quando ci fu la crisi della Lancia? Valletta mi incontrò e mi fece questa proposta: prendiamo assieme la Lancia e ci dividiamo il mercato; la Fiat produce le auto di massa, la Lancia le ministeriali e l' Alfa le sportive. L' accordo era già pronto quando lo stato maggiore Fiat riuscì a silurarlo". Ma crede che l' accordo con la Ford passerà? "Spero di no. Non per sentimentalismo o per nazionalismo. Ma per questa precisa ragione: il prodotto Alfa era un simbolo, una bandiera dei talenti italiani. E' davvero il caso di svenderlo?". - dal nostro inviato GIORGIO BOCCA
Consiglio il libro "Luraghi, l'uomo che inventò la Giulietta"